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Press Release

Medie imprese italiane: un futuro sempre più internazionale

November 24, 2014

Grazie all’export  sono cresciute anche durante la crisi economica. Nonostante costi di produzione elevati iniziano a riportare il business in Italia attraverso il re-shoring.

I principali risultati della Ricerca GE Capital “Medie Imprese Motore di Sviluppo”

 

Milano, 24 novembre 2014 - GE Capital presenta i risultati della Ricerca Medie Imprese Motore di Sviluppo, indagine condotta in quattro Paesi europei (Italia, Germania, Francia e Gran Bretagna) giunta alla terza edizione. L’indagine che ha coinvolto un totale di 4057 aziende (1.005 in Italia) attraverso approfondite interviste ad executive è realizzata per il nostro Paese in collaborazione con i Professori Paolo Gubitta, Bruno Parigi e Diego Campagnolo  dell’Università di Padova.  

Un comparto in salute, nonostante tutto

Il segmento italiano delle medie imprese appare in relativa buona salute in termini di crescita, anche se con tassi meno elevati rispetto agli altri Paesi coinvolti nella ricerca: negli ultimi 12 mesi, il 58% delle “mid-cap” nazionali ha registrato un incremento di fatturato, stimato in media intono al 2%. Il numero di aziende in crescita è ben più consistente di quello rilevato nella ricerca del 2013 (34%) e in linea con il tasso del 2012 (53%). Per contro la percentuale delle medie aziende italiane che negli ultimi mesi ha registrato una contrazione del fatturato ammonta al  19%.

Allargando lo sguardo al contesto europeo tuttavia la percentuale di medie aziende in  crescita registrato in Italia risulta inferiore rispetto a quello delle quattro principali economie Continentali (74% in Gran Bretagna, 76% in Germania, 67% in Francia) e quella delle aziende del nostro Paese che hanno chiuso fatturati in contrazione è più elevata rispetto a Gran Bretagna (11%), Germania (6%) e Francia (16%), pur  se in progressivo calo rispetto alle due rilevazioni precedenti (rispettivamente 22% e 29%).

Anche in considerazione delle performance registrate in questi anni di crisi economica, il segmento italiano analizzato manifesta fiducia nei confronti delle previsioni di crescita per i prossimi 12 mesi, segnando un parziale recupero del gap rispetto ai partner europei: il 52% stima che il fatturato crescerà (è il 66% in Gran Bretagna, 65% in Germania, 51% in Francia); solo il 15% stima di ridurre il volume d’affari (7% in Gran Bretagna, 7% in Germania, 13% in Francia). Mediamente, nei prossimi 12 mesi le imprese del mid-market italiane stimano un incremento del fatturato del 3,8%, un dato di tutto rilievo ma ancora una volta  più contenuto rispetto a quanto si attendono le concorrenti inglesi (+6,1%), tedesche (4,8%) e francesi (3,4%) ma in forte aumento rispetto alla rilevazione del 2013, quando la stima per il nostro Paese si era fermata al +0,5% e con punte del 4,2% tra le imprese che esportano.

La crescita si è parzialmente tradotta in occupazione: secondo i dati emersi dalla Ricerca GE Capital negli ultimi 12 mesi infatti il 38% delle imprese del mid-market italiano ha ampliato gli organici, un valore più che doppio rispetto al 17% registrato nelle precedente ricerca, ma inferiore rispetto a quello di Gran Bretagna, Germania e Francia, dove le imprese con un incremento del numero dei dipendenti sono state rispettivamente il 51%, il 55% e il 41%.

La ricetta del successo: l’internazionalizzazione

La ricerca ha indagato le strategie messe in atto dal segmento delle media imprese italiane per affrontare con successo la crisi. Le risposte sono state diversificate, ma il dato comune a larga parte del panel consiste nel fatto che le medie imprese italiane si sono sempre più orientate all’internazionalizzazione, anche in considerazione della perdurante debolezza della domanda interna. I segmenti di mercato che sono maggiormente proiettati all’estero e allo stesso tempo manifestano una decisa consapevolezza della propria competitività sono quelli manifatturieri e dei servizi. È un dato molto incoraggiante, perché manifattura e servizi alle imprese sono le componenti chiave del sistema industriale italiano; anche il comparto del retail e della logistica, a fronte dell’attesa di domanda interna in calo, esprime fiducia sulla crescita dei mercati oltreconfine, a conferma che anche in questo ambito, il mid-market italiano manifesta fiducia e interesse verso una maggiore proiezione internazionale. Fanno eccezione per ragioni diverse il segmento delle costruzioni e delle utility, che risultano concentrate sul mercato nazionale (e quindi continuano ad essere esposte maggiormente alla crisi della domanda interna).

La vocazione delle medie imprese all’internazionalizzazione è un dato acquisito considerando che 7 imprese su 10 realizza almeno una parte del proprio fatturato oltre confine.  Ma il sistema italiano è forte o debole sullo scenario globale? Le medie imprese italiane mantengono un sentiment che conferma la forte propensione all’internazionalizzazione. La metà (50%) prevede di incrementare le esportazioni nel 2014, in linea con quanto si aspettano le medie imprese tedesche e francesi, mentre il trend di aumento medio si attesta al 4,1%, a fronte del 4,6% tedesco, del 4,9% francese e del 7,6% inglese.

Una larga parte della esportazioni delle medie italiane del mid-market è diretta verso l’area dell’euro (21% del fatturato complessivo e circa metà delle esportazioni). Questi sono i mercati di sbocco più naturali, per vicinanza geografica, appartenenza ad una comune area di libero scambio prima e valutaria ora, per appartenenza a comuni filiere produttive, per normative più omogenee.

Le opportunità di crescita offerte dai mercati internazionali spingono le aziende medie ad investire soprattutto nelle funzioni commerciali, che rappresentano la testa di ponte per concretizzare gli obiettivi strategici soprattutto se sostenuti da moderni sistemi informativi: nei prossimi 12 mesi le risorse per lo sviluppo saranno indirizzate nel marketing e vendite (43% delle aziende indica questa come principale area di investimento) e in ICT e telecomunicazioni (41%), seguiti da formazione e sviluppo del personale, impianti e macchinari, ricerca e sviluppo, nuovi prodotti e servizi.

Gli ostacoli alla crescita

I principali fattori percepiti dalle aziende come ostacoli alla crescita si possono distinguere tra interni (risorse e competenze disponibili) ed esterni (dinamiche settoriali e di mercato, prezzi, istituzioni). Le imprese del mid-market italiano tendono con maggiore frequenza a individuare i vincoli in fattori esterni al perimetro aziendale, come ad esempio: il costo delle materie prime e dell’energia (che non appare tra i fattori inibitori di nessun altro Paese studiato), il contesto economico del momento (poco favorevole), la pressione sui prezzi.  Tra i fattori interni, invece, il panel indica, la difficoltà a tener bassi costi e spese direzionali e la minore competitività sul segmento del mercato del lavoro dei talenti rispetto alle grandi aziende.

Dal confronto con gli altri Paesi si rilevano interessanti differenze, che sono molto evidenti quanto si analizzano Italia e Germania: per le medie imprese tedesche il fattore critico di successo è il capitale umano, tanto che quattro dei cinque fattori che ostacolano la crescita riguardano proprio la capacità di attrarre manager talentuosi, dotarsi delle persone con le competenze necessarie per condurre il business, realizzare delle politiche di gestione del personale idonee a trattenere i collaboratori, competere con le imprese più grandi nel mercato del lavoro.

Tra il 2012 e il 2014 risulta profondamente cambiata la percezione delle imprese italiane circa le priorità strategiche di gestione: si è cioè passati da una focalizzazione sugli aspetti finanziari e di liquidità all’enfasi sui costi, sul controllo dei costi e sui trend dell’economia. Queste differenze evidenziano non soltanto un netto cambiamento nelle priorità delle imprese ma anche, verosimilmente, la percezione di una maggior disponibilità di capitali per il finanziamento dell’attività ordinaria e per lo sviluppo.

Uno scenario per il prossimo futuro: il re-shoring

La Ricerca GE Capital ha evidenziato che nei prossimi tre anni quasi un terzo del segmento delle medie imprese è intenzionato a riportare in Italia una o più attività di produzione. Tale  valore sale addirittura al 39% se si considerano le imprese con attività mobili. Questo  fenomeno, noto come re-shoring sta ulteriormente evolvendo verso una nuova frontiera quella del next-shoring: la produzione manifatturiera tende sempre più a localizzarsi in prossimità dei mercati dove si concentra la domanda e nei luoghi a maggiore potenziale di innovazione. La sostenibilità del next-shoring impone però diverse sfide alle aziende tra le quali quella di riuscire a creare piccole supply chain locali. Ci riusciranno le imprese che dispongono di competenze relazionali evolute, in quanto dovranno replicare in luoghi lontani e poco conosciuti il sistema di relazioni di fornitura di cui ci si avvale in patria. Questa operazione ha tanta più probabilità di successo quanto più i territori sono ricchi di competenze tecniche e di istituzioni a sostegno dei processi di innovazione.

Informazioni sulla società

GE Capital

GE Capital è la divisione globale di General Electric (GE) che eroga prodotti e servizi finanziari per distributori, partner e clienti finali. Nel 2012 il Gruppo GE Capital  ha riunito in un’unica struttura l’area EMEA a quella Asia e Pacifico, sotto la denominazione di GE Capital International: ha sede centrale a Londra con 27.000 dipendenti, revenue per 11 miliardi di dollari e opera in 30 Paesi.  GE Capital offre una vasta gamma di soluzioni tra le quali: Factoring, Inventory Finance, Leverage finance, Leasing di beni strumentali e gestione di flotte aziendali.  Dal 2004, GE Capital nella sola area EMEA ha fornito oltre 350 miliardi di euro di capitale circolante per le piccole e medie imprese focalizzandosi sui settori nei quali GE vanta un’esperienza di oltre 130 anni di storia: energia, healthcare, trasporti e industria.

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GE Capital Italia

GE Capital Italia, con base a Milano e 600 dipendenti, raccoglie i marchi e le attività di GE nei segmenti del leasing, factoring e noleggio flotte aziendali oltre alle attività tradizionali di Interbanca, la storica Corporate Bank milanese specializzata in finanziamenti a medio e lungo termine acquisita dal Gruppo GE nel 2009.  Il 31 dicembre 2010 è stato creato il Gruppo Bancario GE Capital Interbanca come piattaforma bancaria unitaria ed evoluta in grado di supportare, con soluzioni personalizzate, progetti imprenditoriali solidi e con una prospettiva di lungo periodo, nel rispetto dei più rigorosi criteri di sostenibilità.  GE Capital Interbanca si pone come punto di riferimento per le PMI italiane e, in quanto parte di un gruppo leader a livello globale, può vantare nel proprio DNA competenze industriali, solidità finanziaria e una consolidata notorietà, che consentono ai propri clienti vantaggio competitivo e accesso a una realtà internazionale attraverso un’interfaccia

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Disclaimer: La presente ricerca ha solo scopo informativo e non è destinata a fornire consulenza strategica, legale, fiscale o contabile, inoltre l’affidamento sui dati della ricerca avviene a proprio esclusivo rischio. “GE”, “General Electric Capital Corporation”, il logo di GE e vari altri marchi e loghi utilizzati in questa pubblicazione sono marchi registrati, nomi commerciali e marchi utilizzati da General Electric Company. Nessuna parte di questa pubblicazione o di qualsiasi marchio o nome commerciale può essere usata, copiata, divulgata ovvero distribuita senza permesso.

 

 


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